Biografia
Il sentimentalismo poetico della pittura
Alba Gentili, artista autodidatta dalla fama ormai storicizzata, pittrice e poetessa, Cavaliere della Repubblica Italiana, alta onorificenza conferitale a Roma il 27 dicembre 1983 dal Presidente Pertini, portata alla pittura dal suo stesso temperamento appassionato, è oggi ricordata soprattutto per la celebre serie delle “Vaude canavesane” dove ha eternato le bellezze naturalistiche del paesaggio piemontese. Opere che catturano la vibrazione continua della luce, i contrasti cromatici e tonali dei passaggi stagionali, dipinte con la spontaneità del suo temperamento artistico e la sicurezza della personale forza creativa. Una sintesi espressiva di realismo e di sentimentalismo che conduce, al di là dei valori illustrativi di superficie, a una liricità raccolta e silente. Per la pittrice la brughiera delle Vaude è evocatrice di affettuosa malinconia, di nostalgie, di sentimenti elegiaci. Composizioni pittoricamente valide di un mondo rustico senza tempo: radure incolte e vivaci, terre aspre e selvagge, costruite dall’impeto dei suoi impasti cromatici (Le Vaude, Vauda n.2, Paesaggio n.1, Verso i monti).
Accoppiamenti di colori resi con tocchi felici e sicuri, dal timbro forte e vigoroso (La Vauda inferiore, La Vauda a Barbania, Tramonto invernale, Inverno a Benne, Baite d’inverno, Ultima neve, Neve in Vauda), che dimostrano notevole esperienza anche nel succedersi di cicli di grande intensità dedicati ai boschi (I pioppi, Le gaggie, L’albero, Il sentiero, La salita, Riflessi nei boschi, Lo stagno, Notturno).
È romantica interprete di paesaggi incontaminati, di casolari, di nature morte che assumono la freschezza dell’anima di chi li ha dipinti.
L’artista privilegia i temi naturalistici e fra questi in particolare le grandi composizioni floreali strutturate con centralità dell’immagine, ma soprattutto le vedute agresti delle Vaude in cui sempre è presente la suggestione al vero di natura, risolta nell’evolversi di un naturalismo libero e vitale. Le variazioni atmosferiche dei paesaggi del canavese, modulati su tutta una serie di interessanti invenzioni compositive, sono pregnatamente pieni di colore e di calore.
L’ottica di Alba Gentili, attraverso la quale i temi stilistici ed iconografici caratterizzanti l’intera produzione sono visti e poi offerti allo sguardo di tutti, riesce a comunicare sensazioni intense e inaspettate, svelandoci inedite suggestioni che altrimenti non potevamo immaginare.
Nel corso della sua lunga carriera d’artista realizzò una serie di ritratti, tutti contraddistinti dal suo inconfondibile timbro, dalla sua personalissima accentuazione, resi efficacemente espressivi dall’impronta caratteristica di questa sensibile artefice le cui figure femminili, rese con tocchi flessuosi di pennello, vibrano quasi per una sorta di intima energia (Ritratto di Maristella, Ritratto Pardini, Profilo con cappellino, Donna in blu). Ed il candore delle sue giovani Fanciulle con gatto ci affascina, poiché ci rammenta un tempo in cui la pittura era fatta di cose belle, di poesia, d’amore.
Di fatto Alba Gentili disserta su vasta scala soggettistica: dal paesaggio alla figura in cui costantemente evidenzia le sue doti di ricercatrice di stati d’animo.
Dipinge le sue vaude, i suoi fiori, le sue fanciulle, riportando sulla tela le impressioni che maggiormente colpiscono la sua personalità di pittrice, sapiente e immaginosa nelle colorazioni e negli spazi cromatici, che interpreta la realtà donandoci la propria poetica visione.
Giorgia Cassini, curatore e critico d’arte ©️RIPRODUZIONE RISERVATA
Alba Gentili pone in risalto l’alta sensibilità nei riguardi del dato di natura paesaggistica. Diremo anzi che in questo suo modo di vedere e ricercare soprattutto le “vaude” canavesane l’artista non fa che seguire un filone eccellente della tradizione piemontese; e non appaia questa nota come un fatto di pedissequa reminescenza, che anzi l’emozione ne è tutta rinnovata con una sensibilità che ha profonde e acute letture.
Baldini – La Nazione – Firenze 1966
Le Vaude
Di queste terre (le Vaude) che con le loro lievi accidentalità sembrano fatte apposta per animare certe versioni prospettiche la pittrice ha inteso rendere la natura fisica e i delicati elementi cromatici, mirando poi soprattutto a ricreare la fantasiosa profondità degli orizzonti.
Angelo Dragone – La Stampa – 1966
Le Vaude sono un aspetto del Canavese, che per altri versi è certamente uno dei più ordinati e gentili paesaggi italiani. Essere rammentano altri luoghi, dove la bellezza della natura si fa desolata o, piuttosto, sembra esprimersi attraverso un fantasma di desolazione. Le Vaude sono infatti distese ondulate con fossi e brughiere dove la vegetazione è quella bassa e intricata dei cespugli senza grazia; dove il vento e la pioggia architettano, rinnovandolo di continuo, il disegno dei solchi casuali; dov’è la prospettiva, senza l’aiuto delle quinte, si slabbra pur avviando l’occhio dello spettatore verso un punto all’infinito che qui coincide sempre con la presenza fantomatica delle Alpi. Sono luoghi che attendono da millenni il loro poeta …
… di trenta dipinti che ha dedicato alle vaude canavesane, attraverso il tocco della sua pennellata, frantumato alla maniera impressionistica e sbavato con filature di ragnatela e attraverso la scelta della scala cromatica, ogni suo sforzo sembra scopertamente indirizzato a risuscitare nella finzione del quadro la realtà, come essa si presenta all’occhio dell’uomo: un fitto intrico, un palpito di cose che non assurgono mai al ruolo di protagonisti, ma tutte si adagiano nello schema scenico di una radura mossa, incerta, sorpresa si direbbe nel momento della sua creazione e del suo primo abbozzo. Una realtà che in un certo senso rivive attraverso l’opera pittorica proprio per la sua puntuale rispondenza a una sensibilità, ed è meglio dire sensitività, disposta a cogliere i sottili accadimenti che, regolano misteriosamente l’atto creativo; in un aspetto della natura come in una figura dell’arte.
Luigi Carluccio – La Gazzetta del Popolo – 1967
Nelle brevi pianure alpestri, nelle dolci concavità dei valloncelli rivolti a settentrione dove la neve insiste fino a primavera inoltrata, allignano associazioni vegetali a composizione costante che non si staccano dal grembo della terra giovandosi dell’insistente copertura nevosa. La fioritura estiva è improvvisa e tenace: il rosso sanguigno dei licheni e quei gialli trionfali cui spettano nomi favoleggiati, come tirso d’oro e meraviglia delle nevi, si accostano all’azzurra porcellana delle genzianelle, al corallo rosato dei rododendri e la terra, satura delle acque di fusione, segna scheletrici percorsi, di un nero denso e scabro, fra tanta dovizia di vita. I cieli mutevoli, vaporosi, percorsi da striature di vento e da agitate coltri di nebbia, intonano questo paesaggio, che la Gentili ha sentito come parte di sè alle variazioni liriche del suo estro, ai ritmi dell’effusione e della memoria, ma soprattutto, ai grandi temi dell’amore e della morte. L’atteggiamento dell’artista non è mai contemplativo ma costruttivo, basato sull’aurea misura e sulla piena responsabilità dei mezzi.
Il linguaggio di Alba Gentili è musica e il suo stile (pura espressione), esclude il distacco tra le varie arti, così come esclude un’arte essenzialmente figurativa. Quale genere può dirsi più figurativo del ritratto, che implica sin anche la caratterizzazione del modello? Ebbene, tra le opere che si possono godere visitando lo studio del Motrone, c’è un ritratto di giovane donna che è fluente armonia di ritmi e di colori, interpretazione musicale del personaggio e, al tempo stesso, della natura che lo inquadrò agli occhi dell’artista in un felice momento di emozione panica.
Lucia Toesca – Il Telegrafo – Lucca 1970
Se alcuni artisti,
creando delle composizioni armoniche ed equilibrate, come delle precise figure geometriche, proiettano in tal modo una parte del loro io ideale sulla tela, Alba Gentili si accontenta al contrario di mostrarsi così come alla è: selvaggia e indomita. Niente di stupefacente se i suoi paesaggi sono degli specchi della propria personalità, delle innumerevoli sfaccettature del suo temperamento tanto alieno dall’ipocrisia della civiltà ed dalla moda del tempo.
Alba Gentili si esprime nelle sue tele con foga romantica e compassione sentita. Segue l’ispirazione del momento è ciò ci permette di gustare dei paesaggi in cui l’esplosività dello stato selvaggio si alterna ad una calma riposante. Ciò giustifica il passaggio dell’artista attraverso periodi psicologicamente opposti.
La passione romantica dei paesaggi di Alba Gentili si ritrova anche nelle sue marine e nei suoi ritratti. Dal punto di vista stilistico l’artista ha accoppiato felicemente espressionismo e tendenza all’astrazione, processo che permette molta incisività, aggressività e nello stesso tempo un lirismo barbaro. Tale arte annienta la sofferenza e riapre le porte dell’Eden perduto.
Pierre Roller – Luxemburger Hort – 1975
L’esotismo in funzione di atmosfera erotica, le venature della terra, le nudità della natura, le prenombre che creano una intimità o il furente colorarsi del mondo, è lo sfogo di una accesa ricerca quasi brutale. Come l’impeto del suo verso. In tutti i casi sa mutare lo spettacolo meraviglioso della natura in una specie di scenografia quasi astratta, affollata dei simboli giganteschi delle sue montagne o di fantasmi nelle spoglie lande. Sempre sa dare per ogni sensazione una visione pittorica nel cui fascino c’è un messaggio arcano che Alba Gentili va cercando fino allo spasimo. Isolata è la pittrice rispetto alle mode dominanti, ma è da questo isolamento che è venuta fuori la sorprendente artista dei grandi segreti dell’universo.
Elio Marcianò – Pittori e scultori del nostro tempo – 1970
I quadri di Alba Gentili provengono (e qui sta il loro fascino) dal tipo di cultura romantica che ha prodotto tanti capolavori negli anni a cavallo del nostro secolo, per cui racchiudono tutto un mondo, armoniosamente rievocato, e raccontano una vicenda emotiva che riflette nel nobiltà di una posizione artistica che è spontanea adesione ai canoni della pittura della nostra più bella tradizione: che è – soprattutto – ringraziamento per quello che la natura, prodiga, ci offre tutti i giorni.
Luciano Marcucci – La Nazione -1970
Per intendere veramente la pittura di Alba Gentili bisogna aver vissuto fra quelle colline che corrono nel bel mezzo del Canavese e che costituiscono uno dei paesaggi più sommessi e purtroppo conosciuti solo da pochi pittori del Piemonte. Alba Gentili, che al Pomario di Benne dimora, ha saputo fermare nella memoria i colori che caratterizzano, di stagione in stagione, il paesaggio a lei circostante, ha saputo intendere la poesia di tre casupole che sarebbero certo piaciute anche a un grande artista come Carrà, timide contro un cielo che si è appena fatto rosa.
Giangiorgio Massara – IL Risveglio del Canavese – 1974
Su quegli orizzonti – che portano, tra tanti lampeggiamenti dardeggiati di ombre, sempre una parte del suo nome stesso – affiora ancora e costantemente l’attesa di una gioia e di una felicità che giustifichino l’amarezza di quel distico di Alba Gentili che di per sé è già un convinto atto di fede e di amore in ciò che essa crea giorno dopo giorno: “L’arte mi aiuta a dimenticare la paura di dovere ancora vivere“.
Giuseppe Nasillo – Colloquio Sofferto – 1983